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Perché è una buona legge

Il Parlamento ha approvato una legge sul conflitto d'interessi che concilia il rispetto dei diritti politici di tutti i cittadini con il dettato costituzionale, che in Italia affida al Parlamento il controllo sull'esecutivo.

Il provvedimento risolve la questione del conflitto d'interessi con una normativa più costituzionale, più ragionevole e applicabile rispetto alla soluzione offerta dal blind-trust (adottato negli USA e appoggiato dal centrosinistra in Italia) e dalla gestione fiduciaria

La legge approvata è un buon punto di equilibrio tra il diritto costituzionale di tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive e il necessario collegamento di ogni attività di governo all'interesse pubblico.

Bisogna infatti tenere in considerazione i seguenti aspetti:

  • in nessun Paese democratico la proprietà esclude dall'attività politica: è scartata l'ipotesi di non eleggibilità a causa di un potenziale conflitto di interessi;
  • è costituzionalmente impraticabile obbligare qualcuno a vendere i propri beni per partecipare alla vita politica. In un regime di mercato, la vendita e l'acquisto sono atti liberi e volontari che determinano il prezzo del bene: l'obbligo di vendere è un controsenso economico, distorsivo del mercato;
  • negli USA la legge impone l'obbligo di dichiarazione patrimoniale, ma non detta al presidente e al vicepresidente alcuna soluzione per risolvere l'eventuale conflitto di interessi che ne derivi: la situazione patrimoniale non è disciplinabile per via normativa (la decisione di affidare i propri beni a un blind trust, cioè a un fondo cieco, è stata una libera scelta dei presidenti americani, da Carter in poi);
  • chi preme per la soluzione anticostituzionale di costringere l'uomo di governo a vendere le sue attività economiche, finge di non sapere che i problemi resterebbero egualmente irrisolti: il soggetto in questione si troverebbe con un notevole patrimonio, che potrebbe comunque ulteriormente accrescere con atti di governo.

In definitiva, o si vieta ai "ricchi" di accedere alle cariche di governo (cosa inconcepibile in una società liberale) oppure - come fa la legge approvata - si accetta che il conflitto di interessi sia una delle possibilità nella vita politica e di conseguenza si stabilisce un sistema delle incompatibilità generali, si mettono gli atti di governo sotto controllo dell'Autorità indipendente garante della concorrenza e del mercato, si espone chi compie atti di governo in conflitto d'interesse a sanzioni amministrative e pecuniarie, nonché alla censura pubblica del Parlamento e dell'opinione pubblica.

Per questi motivi la legge prevede che alla Autorità garante della concorrenza siano attribuiti poteri di controllo e di verifica su:

  • accertamento dell'incidenza dell'atto adottato in conflitto di interessi sul patrimonio dell'uomo di governo,
  • riscontro del danno per l'interesse pubblico.

Inoltre, se l'Autorità verificherà che le imprese <facenti capo> all'uomo di governo agiscono in modo tale da trarre vantaggio da atti adottati in conflitto di interessi, e coloro che hanno agito conoscevano la situazione di conflitto, essa potrà intimare misure correttive, e anche sanzioni pecuniarie proporzionate alla gravità del comportamento e al vantaggio patrimoniale ricavato.
In questo caso, l'Autorità riferirà dettagliatamente al Parlamento, esponendo così alla sanzione politica in Parlamento chi agisce in conflitto d'interessi. Questa è sicuramente la sanzione più sgradevole e controproducente per l'uomo politico che approfitta della carica pubblica per favorire i suoi interessi privati.