Il gioco è fatto
Paolo Guzzanti, "Il Giornale", 14 luglio 2004
La legge sul conflitto d'interessi è passata ed è legge dello Stato. Punto e fine con questa telenovela. Le sinistre fingono di arrabbiarsi moltissimo, e anche questo fa parte della sceneggiata. In un'altra sceneggiata le sinistre gridano che il governo è a pezzi, il governo affonda e che dovrebbe presentarsi dimissionario per poi arrendersi, suicidarsi e lasciare il campo ad elezioni anticipate e questo solo perché in questo momento di bassa elettorale dovuta alla canonica calata degli zuccheri di ogni governo a metà strada fra un'elezione politica e l'altra, si sentono forti. La loro unica legge è quella della spallata, del colpo d'anca o della pedata, raramente di testa.
Ma allo stesso tempo si capisce che è una sceneggiata priva di capo e di coda, anche se immersa nel fracasso, perché se le sinistre volessero davvero tentare di far cadere il governo dovrebbero far uso dello strumento principe: la mozione di sfiducia. Tu presenti la mozione, il governo deve venire in aula, si accende l'ampio e approfondito dibattito, arriva anche la televisione e le opposizioni si danno alle loro mascherate preferite (maschere, bavagli, nasi finti, fiori con lo spruzzo). E poi si vota. E si vede che il governo gode, malgrado la gotta e il mal di denti di cui soffre, della piena fiducia del Parlamento. Oggi Silvio Berlusconi va ad affrontare le due Camere: alle 9 in Senato e alle 15 a Montecitorio. È prevista gazzarra come d'inverno la nebbia in Val Padana. Tutto scontato. La sinistra ha paura di provocare davvero le elezioni generali, perché: primo, sa che alla fine le perderebbe, secondo: non ha un leader sicuro da mettere alla testa delle sue truppe e finora i suoi numerosi capitribù sanno soltanto dichiarare che si vogliono molto bene, ma praticano il voodoo senza ritegno infilzando le effigie degli alleati.
E l'Udc? Vuole davvero l'Udc di Follini (irrispettosamente chiamato Ponzio Pelato dai suoi compagni di partito meno innamorati di lui) arrivare alla crisi di governo e alle elezioni generali, e portare il governo cotto a bagnomaria fino alla tavola di vecchi fantasmi di una Dc che non c'è più? Francamente, pare difficile. Per farlo bisognerebbe fare un ragionamento aggrovigliato: perché Follini vorrebbe una cosa del genere? Per ramazzare un buon risultato elettorale? Con questa legge elettorale, se lo scorda. Con un'altra legge elettorale a lui gradita? E chi gliela concede, a questo punto. Ma allora perché tutto questo rumore, davvero per nulla? Lampi di mezza estate? Manovre che hanno come sfondo il Quirinale, cambi della guardia, avvicendamenti? Sono, a nostro parere, baggianate. Noi giornalisti che seguiamo «il teatrino della politica» (chi scrive confessa di averlo seguito molto e di averci capito poco) sappiamo che quando si arriva agli intrighi, alle congiure di palazzo, alle verifiche sfiancanti, alle dichiarazioni criptiche, si apre il vaso di pandora delle leggende metropolitane, delle fantasie cupe e oscure, dei poteri forti e dei poteri occulti, non se ne esce più e generalmente non ci si azzecca.
Qual è allora la chiave di interpretazione? Noi pensiamo che non ce ne sia una sola, ma troppe: la nevrosi post elettorale che accende gli animi di chi ha preso lo zero virgola, o anche l'uno virgola in più, e che deprime e rende irritabile chi è andato sotto. Normale mercanzia. Chi non aveva voce, la alza. Si fa a chi grida più forte e si spera che nessuno creda davvero alla rottura. Altro sarebbe se davvero, come molti pensano, Follini avesse studiato un piano freddo e realistico così combinato: avendo preso accordi sottobanco con Margherita e Rutelli (il quale a sua volta mette in sospetto il campo d'Agramante atteggiandosi a Berlusconi della sinistra, tanto che poi rabbiosamente prende le distanze dagli approcci troppo palesi), pensa di lavorare per mesi sfiancando il governo, imbanderillandolo come un vecchio toro insanguinato, ma senza impugnare la spada mortale finché il toro barcolla e la folla della sinistra delira chiedendo la fine. A quel punto si consegna alla lunga trafila obituaria un governo defunto e si chiama a raccolta il popolo elettore affinché ne ratifichi il decesso dopo lunga e dolorosa malattia. Quindi, l'offerta di un gruppo di democristiani centristi che, agganciato anche Mastella, permetterebbe ad un Prodi vincitore o chi per lui, di governare facendo a meno dell'estrema sinistra.
Fantapolitica? Sì. Fantapolitica. Quel che sappiamo e vediamo è che Luca Cordero di Montezemolo non cessa di lanciare siluri contro il governo e la sua politica, con cadenza regolare, da vecchio sottomarino: uno o due al giorno. Ma davvero, questi poteri forti sono poi così forti? Altra fantapolitica. Usciamo dall'immaginario e torniamo alla realtà. Il governo si presenta oggi alle Camere con l'unico strumento di lavoro, l'unica casacca, l'unica bandiera che ha: il programma con cui è nato, quello per cui è stato votato e grazie al quale ha vinto. Bilancio del già fatto, bilancio del da farsi. Lì Berlusconi avrà modo di dare il meglio di sé, ne siamo sicuri. Ma nel frattempo si è chiusa, come dicevamo all'inizio, l'annosa storia del conflitto d'interessi.
Anche qui, non fatevi ingannare dalle sinistre: se fosse stato davvero tanto importante fare questa legge, perché i tre governi di sinistra che si sono succeduti nella legislatura non hanno provveduto? Come si spiega che nella scorsa legislatura la legge che regola il conflitto di interessi fu presentata alla Camera proprio da Forza Italia, fu approvata all'unanimità (ripetiamo: all'unanimità) e quando arrivò al Senato fu bloccata e messa in frigorifero? Perché? Qui ha ragione il democristiano Volonté: la legge fu freezata perché la sua mancanza consente grandi vantaggi in campagna elettorale, mentre quando c'è, il gioco è finito. Adesso il gioco è finito e 1'Udc si vanta di aver voluto e provocato l'approvazione definitiva della legge, e tanto orgoglio va certamente lodato, anche se nessuno aveva intenzione di affossarla. E la legge che è stata approvata ieri ricalca in buona sostanza esattamente quella che nella scorsa legislatura fu approvata alla Camera da tutti, D'Alema e Fassino compresi.
Certo, restano i nodi: il ministro dell'Economia, mandare avanti il federalismo in modo funzionante, intelligente, razionale e deciso. resta la questione del taglio delle tasse, che ci sarà e sarà frutto di un ragionevole compromesso nell'alleanza, come avviene sempre sulle alleanze. Tutto dunque va bene? No, non è vero. Molto va male così come il sistema impone che vada. Ci sono i tradimenti e i personalismi, le illusioni e qualche lieve mascalzonata, ma nulla che sia irreparabile, a meno che qualcuno non abbia davvero deciso di rendere irreparabile ciò che fa parte dell'ordinaria amministrazione. Ma se è così, per favore, non faccia perdere tutto questo tempo al Paese, e lo dica.