Ora poteri divisi e armonici
Giuseppe Gargani, "Il Giornale", 21 luglio 2005
Finalmente è legge il nuovo ordinamento giudiziario, al termine di un complesso iter legislativo e politico che per troppo tempo ha generato interpretazioni di ogni tipo. Ora è bene chiarire che le norme dell'ordinamento giudiziario non sono il frutto dello «spirito punitivo di quelli colpiti da Mani Pulite e in particolare del vertice di Forza Italia incappato in numerose indagini», come è stato detto. Infatti le norme approvate sono le stesse, a tratti con le identiche parole, preparate sin dagli anni '70 dai partiti di centro prima e dal Pentapartito poi. Norme che superavano un ordinamento varato in era fascista ma che regolando la magistratura sono sempre state accantonate, anche per la forte influenza che tutti i governi sin dagli anni '50 hanno subito da parte del Pci, per effetto di un consociativismo che lo faceva prevalere sulla questione Giustizia. Non va dimenticato che le stesse critiche di oggi furono furiose anche quando l'accusa di non rispettare l'indipendenza della magistratura era rivolta alla Dc.
Alla fine la mancanza di regole valide condivise democraticamente ha reso la magistratura un'istituzione separata, corporativa, sovraesposta oltre ad accentuare il ruolo del Csm, che si è dato funzioni molto più ampie di quelle assegnategli dalla Costituzione. Questo squilibrio dei poteri tra il legislativo e il giudiziario ha dunque innescato una deformazione politica che ha pesato davvero sull'indipendenza della magistratura, oggi non più considerata un valore da parte dei cittadini.
È dunque merito di questo governo, del ministro Castelli e del Parlamento l'entrata in vigore di una legge che offre un binario regolamentare certo ad un'istituzione che per essere indipendente ha bisogno di norme trasparenti. Tra quelle contenute nella riforma appena approvata, vorrei segnalarne alcune particolarmente qualificanti proprio per un'indipendenza che è lontana dall'essere mortificata e esaltata.
- Il sistema di verifica della professionalità attraverso i concorsi garantisce che i magistrati siano valutati per la loro professionalità: oggi i magistrati sono «bravissimi a prescindere» per un assioma che non ha precedenti in nessuna istituzione in Italia e nel mondo.
- La legge non separa le carriere dei Pm da quelle dei giudici, ma stabilisce che essi svolgono funzioni diverse. Ecco perché dopo un periodo di circa 8 anni, sono costretti a orientare la professionalità in un senso o in un altro.
- La legge affida la formazione professionale a una scuola della magistratura autonoma che può garantire un pluralismo professionale e un'autonomia di preparazione e di giudizio.
- La ristrutturazione della funzione del Pm accentua la sua unità come ufficio per garantire una unità di indirizzo nell'azione penale.
- La sempre invocata tipizzazione dell'illecito disciplinare, che dà certezza dei comportamenti del magistrato, risolve un problema fondamentale e aiuta la trasparenza dei comportamenti.
- La permanenza per un periodo determinato presso la Cassazione per i magistrati che aspirano a funzioni più importanti, è garanzia di professionalità e di indipendenza perché allontana il magistrato dal suo territorio e da una carriera domestica.
L'ordinamento giudiziario è infine utile e indispensabile perché garantisce regole e trasparenza, e non è, come erroneamente detto, finalizzato all'efficienza della Giustizia ed alla durata più breve dei processi. Sono effetti che dipendono dall'organizzazione che gli uffici si danno, e aver in questa legge stabilito che gli uffici più grandi e importanti debbono essere guidati da manager e non da magistrati è corente con tale obiettivo.
In definitiva questa legge garantisce la «separazione dei poteri nel loro concreto e tipico esercizio» e al tempo stesso una possibile armonia tra i poteri.
Una simile legge è la premessa per risolvere il problema sociale e istituzionale della giustizia già individuato dai costituenti che nel 1948 statuirono l'immediata approvazione dell'ordinamento. Un'esigenza mai soddisfatta in 57 anni da un Parlamento timido e condizionato e da una magistratura miope ed egoista. Oggi invece possiamo salutare l'avvenimento come storico, e pensare finalmente ad una strategia per la Giustizia del nuovo millennio.