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Una riforma giusta

Intervento dell'on. Lugi Vitali alla Camera dei Deputati il 1° dicembre 2004.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono passati 63 anni e, probabilmente, tra qualche minuto, approveremo definitivamente una riforma epocale, quella dell'ordinamento giudiziario, che il nostro paese ha aspettato per decenni. Non vi sono stati nessun governo e nessuna maggioranza che, nonostante abbiano percepito la necessità di intervenire per adeguare il sistema ai tempi, lo abbiano fatto. A mio giudizio, ciò è accaduto non per incapacità o per non aver voluto comprendere la problematica, ma per uno spirito di sudditanza nei confronti della magistratura. Noi non siamo sudditi della magistratura; noi la rispettiamo e dalla stessa pretendiamo lo stesso rispetto!

Onorevoli colleghi, si tratta di una riforma che ci ha visto discutere per quasi tre anni; un iter legislativo che è cominciato nel marzo 2002 e che si conclude nel dicembre 2004. È una riforma che non è stata presentata al Parlamento in forma blindata e che è stata sottoposta per quattro volte - e sottolineo: quattro volte! - all'esame delle Assemblee parlamentari.

È una riforma foto: on. Luigi Vitalivituperata, contestata, ingiustamente avversata soprattutto dalla magistratura associata, che si è spinta, per la prima volta nella sua storia, a proclamare l'arma estrema, quella dello sciopero, legittima, ma assolutamente improcedibile in questa situazione. Infatti, lo sciopero si proclama per una rivendicazione economica o giuridica, ma non per condizionare o, peggio ancora, minacciare il Parlamento, che nei confronti dei magistrati non ha alcun rapporto contrattuale! Abbiamo dovuto subire anche ciò in questo lungo e travagliato iter parlamentare.

Separazione delle carriere o separazione delle funzioni: onorevoli colleghi, i cittadini devono sapere il motivo per cui la magistratura associata grida allo scandalo accusando questa maggioranza di aver adottato lo strumento della separazione delle carriere e, invece, l'avvocatura associata proclama uno sciopero proprio perché il Parlamento non ha percorso tale strada. I cittadini devono sapere quale strumento abbiamo adottato.

Noi abbiamo adottato lo strumento della separazione delle funzioni, assolutamente compatibile con il nostro sistema, con i tempi nei quali viviamo e con i sistemi europei. Ciò tenuto conto - lo dico a titolo personale - che sarei stato favorevole ad una netta separazione delle carriere, tant'è vero che, nel febbraio 2002, ho depositato come primo firmatario una proposta di legge costituzionale per la separazione delle carriere.

Se così non è stato, ciò deve essere letto soprattutto dalla magistratura associata come un atto di buona volontà e di disponibilità del Parlamento, della maggioranza e del Governo, e non come un atto di persecuzione, come taluno cerca di farlo passare.

Inoltre, è una riforma che ha recepito al suo interno tutti i contributi e gli spunti venuti dalle associazioni di categoria, dall'avvocatura e dalla magistratura. Siamo tornati al concorso unico. Nella prima formulazione era previsto un doppio concorso: uno per chi decideva di fare il pubblico ministero, l'altro per chi decideva di fare il giudice. Abbiamo ripristinato il concorso unico. Per quale motivo lo abbiamo fatto? Non era forse, questa, un'istanza venuta in maniera pressante dall'Associazione nazionale magistrati? L'abbiamo sentita e l'abbiamo accolta.

Per quanto riguarda il procuratore aggiunto nominato dal CSM, non è stata questa un'altra richiesta espressa dell'avvocatura unita e della magistratura associata, che riteneva che il procuratore della Repubblica avesse un ruolo troppo importante e che fosse necessario un contrappeso, visto che nella prima formulazione il procuratore della Repubblica delegava e di fatto nominava i suoi aggiunti? Abbiamo ascoltato e abbiamo accettato le richieste dell'Associazione nazionale magistrati e dell'avvocatura, che avevano paura di creare dei super procuratori, dei super uomini nelle mani dei quali porre il potere di vita e di morte, se così si può dire, sul cittadino. Abbiamo ritenuto accettabile quella proposta e l'abbiamo accolta.

Relativamente ai concorsi, onorevoli colleghi (è vero che parliamo affinché rimanga agli atti e perché probabilmente qualche cittadino ci ascolta per radio o prenderà poi visione dei resoconti dei lavori parlamentari), sembra quasi che la vita del magistrato da domani sarà impegnata nel fare concorsi uno dietro l'altro. Anche sotto questo aspetto, abbiamo accettato i suggerimenti dell'Associazione nazionale magistrati e abbiamo ridotto a due soli i concorsi. Una carriera che dura quarantacinque anni prevede soltanto due concorsi, volendo ripristinare il metodo della meritocrazia. Non sono concorsi per associati universitari o per cattedre di professori universitari. Si tratta di concorsi che riguardano la risoluzione di un problema che appartiene alla funzione superiore, cosa che un magistrato, come un avvocato, riesce a fare senza sottrarre assolutamente tempo o energie all'attività che quotidianamente svolge. Stiamo parlando di questo.

Non è stata, questa, una richiesta che, non soltanto in questa circostanza, ma da anni, proviene dall'Associazione nazionale magistrati, che vuole ritornare ad un criterio meritocratico, di valutazione costante della professionalità e dei carichi di lavoro? È questo ciò che abbiamo fatto, aderendo in tutto e per tutto alle richieste della magistratura associata e dell'avvocatura, perché anche l'avvocatura ha avanzato questo tipo di richieste.

La temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi: mettiamo fine a un vergognoso balletto per il quale un soggetto, senza aver dimostrato le sue capacità organizzative e professionali, ma soltanto per un criterio anagrafico, occupa una poltrona di capoufficio o di semidirettivo e la mantiene fino al termine della carriera. Era una richiesta della magistratura associata e l'abbiamo accolta: c'è la temporaneità nei ruoli direttivi e semidirettivi. Abbiamo creato la tipicizzazione dell'illecito disciplinare, perché non vogliamo che si verifichi il caso di un giudice che, per esempio, partecipa ad una manifestazione no-global e il giorno dopo deve decidere se emettere un provvedimento cautelare, non nei confronti dei no-global, ma della Polizia, che in quella circostanza ha fatto soltanto il proprio dovere.

Non vogliamo comprimere la libertà di pensiero, la libertà di critica e la libertà di avere un'idea politica del magistrato. Vogliamo che quest'idea rimanga nel suo intimo, perché l'imparzialità non soltanto deve essere reale, ma deve apparire nei confronti del cittadino che deve essere giudicato.

Ci siamo anche preoccupati, onorevoli colleghi, di stabilire una disciplina transitoria, che consenta a chi ha creato, con scelte di vita ormai consolidate, il proprio futuro di non essere stravolto sul piano delle consuetudini, della propria residenza, nell'ufficio e nel posto di lavoro, ma lasciando che tutti quelli che oggi si trovano nelle condizioni in cui vengono a trovarsi al momento dell'entrata in vigore di questa legge possano continuare a fare il loro lavoro.

Allora, i rilievi critici sono soltanto strumentali. La voglia di creare un dibattito è arrivata non soltanto a tempo scaduto, ma quando il confronto si è espletato in tutte le sue parti. Noi non siamo stati né presuntuosi né arroganti: abbiamo ascoltato tante volte tutti quelli che avevano qualcosa da dire. Certo, qualcosa da dire nell'interesse di una riforma sulla quale il Governo e la maggioranza hanno giocato la loro credibilità, non qualcosa da dire nel tentativo di rendere tale riforma inapplicabile o, addirittura, di non farla mai venire alla luce.

Non c'è la separazione delle carriere, a cui mi auguro si possa arrivare tra qualche anno, quando i magistrati capiranno che questa non è una riforma «contro» di loro, ma «per» loro. Non ci sono troppi concorsi, e quei pochi che sono previsti sono assolutamente sostenibili. Onorevoli colleghi, parliamo di uomini, di magistrati, di funzionari dello Stato che hanno uno standard culturale e tecnico molto al di sopra della media. Parliamo di concorsi che si possono fare in 15 giorni, non in 15 anni, perché se così fosse sarebbe vero che la giustizia attraversa brutti momenti.

Per quanto riguarda il procuratore capo, vogliamo che ci sia un responsabile che possa dare all'esercizio dell'azione penale - che rimane nella prerogativa esclusiva di ogni singolo sostituto procuratore - un coordinamento, un'indicazione uguale. In tal modo si potrebbe evitare in alcune procure quello che succede oggi. Mi riferisco a pubblici ministeri che, senza renderlo noto, se non dopo, al loro capo, spendono miliardi e miliardi per inutili intercettazioni telefoniche! In altre procure, invece, giovani sostituti procuratori, iscrivendo nel registro degli indagati altissime personalità dello Stato, hanno rischiato di creare crack economici senza essersi consultati con il loro procuratore capo!

Il Governo, la maggioranza ed il Parlamento hanno fatto la loro parte. Perché questa riforma si compia ed esplichi i suoi effetti, è necessario, però, che gli uomini facciano la loro. Ci auguriamo, pertanto, che i magistrati non restino insensibili al loro dovere di rispetto delle istituzioni e della legge in nome di quel popolo che li delega ad amministrarla. Sono convinto che sarà così ma, in caso contrario, loro e solo loro si assumeranno la responsabilità di questo vulnus.