La più grande violenza è la menzogna!
La libera interpretazione è cosa sacrosanta e, spesso, indice di intelligenza acuta e creativa. A volte, però, la creatività sconfina nella fantasia e l'acutezza in una forzatura della realtà. Se si tratta di fiabe, nulla da dire, anzi! Ma se si tratta del concretissimo destino di una generazione, quella che oggi si "affatica" sui banchi delle scuole italiane, da dire ce n'è, eccome.
In molti si sono adoperati sul tema della libera interpretazione della riforma Moratti e alcuni, svolgendo diligentemente i compiti a casa impartiti dai soliti maestri d'ideologia, hanno prodotto una casistica di imminenti cataclismi pronti a rovesciarsi sulla scuola, da far impallidire Cappuccetto Rosso e i fratelli Grimm. Quest'ultimi, però, creavano favole per i bambini, i primi, invece, inventano favole per le mamme e i papà dei bambini, per gli insegnanti e per tutti quelli che, nelle loro favole, ci cascano e, con i bambini, loro, ci giocano,
su e giù per piazze e cortili di scuole. Ci vanno giù duro, ci vanno pesanti e, dopo tanto gridare «al lupo! Al lupo!», hanno trasformato la favola in una tragedia dell'assurdo dove nessuno capisce più niente e dove, la fine del lupo, la fa proprio la scuola, quella vera.
E poi, si sa, la libera interpretazione è patrimonio nazionale e tutti aggiungono qualcosa, tutti vanno a braccio e, su un canovaccio pensato da alcuni e propagandato da media e salotti, sono fioriti gli assunti più disparati, ripetuti come un ritornello, così tanto e con così tanta calcolata perseveranza, da diventare postulati indiscutibili, apparentemente intoccabili da niente e da nessuno, nemmeno da ciò che, nero su bianco, è scritto nella riforma e nei decreti attuativi.
Tra manifestazioni e occupazioni di scuole si favoleggia sulla morte del tempo pieno e della flessibilità scolastica, si racconta dei mitici anni '60, dai quali la Moratti ha riesumato il doposcuola e l'insegnante unico che torna nella nefasta figura del tutor, si dice che nostri figli subiranno, per quelle poche ore che staranno a scuola, una sorta di accozzaglia mal assortita di nozioni spezzettate qua e là nel tentativo, riuscito, di azzerare un qualsiasi progetto didattico. Tra un corteo e l'altro si sostiene che non ci sono i soldi per permettere a bambine e bambini di anticipare l'ingresso nella materna e nella prima elementare, né per pagare gli insegnanti, né per l'introduzione dell'inglese e dell'informatica, né per il doppio canale della scuola superiore e, facendo uno scenografico salto dalla favola all'horror, si prevede la scomparsa degli insegnanti
di sostegno e il conseguente abbandono a se stessi dei bambini in difficoltà, con disagi o lievi handicap.
Per non lasciare intentata la possibilità di innescare uno scontro sociale, poi, si fantastica sulla drastica riduzione del numero degli insegnanti, sull'estromissione dei precari e sull'aumento del carico di lavoro dei pochi insegnanti rimasti. E questo solo per citare ciò che è diventato dogma irrinunciabile nella battaglia anti-Moratti perché, si sa, ognuno dice la sua e infiocchetta a piacimento. Per scoprire se tutto ciò è favola o realtà, non resta che andare a leggere, per quello che c'è scritto veramente, la riforma Moratti e, con essa, tutte le norme e i decreti che la regolano. Solo a titolo informativo, e non esaustivo per l'ampiezza della materia e delle problematiche, leggiamo qualche stralcio delle suddette normative.
L'art. 15 del decreto attuativo del 23 gennaio 2004, del tempo pieno dice «...è confermato, in via di prima applicazione, per l'anno scolastico 2004/2005, il numero dei posti attivato complessivamente a livello nazionale per l'anno scolastico 2003/2004 per le attività di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle norme vigenti. Per gli anni successivi, ulteriori incrementi di posti, per le stesse finalità, possono essere attivati».
E allora che cosa è che cambia? Cambia che saranno le famiglie a scegliere se usufruire o meno della possibilità del tempo pieno offerto dalle scuole. E perché, poi, non dovrebbe essere così? Se la nostra Costituzione attribuisce il primato educativo alla famiglia, una ragione ci deve pur essere. All'art. 7, a proposito della flessibilità, leggiamo che spetta alle scuole, in regime di piena autonomia, garantirla attraverso "attività e insegnamenti coerenti con il profilo educativo".
Tutt'altro che un doposcuola/parcheggio si troveranno ad affrontare i ragazzi nei lunghi pomeriggi scolastici italiani poiché il decreto dice che "i criteri della programmazione delle attività educative devono rispettare una equilibrata ripartizione dell'orario quotidiano tra le attività obbligatorie e quelle opzionali facoltative" e, sempre il decreto, garantisce pari dignità a tutte le discipline. Per quanto riguarda, poi, l'organizzazione didattica, essa resta dettata dal Piano dell'Offerta Formativa istituito dal DPR 275/99 e, quindi, tale e quale a quella di oggi.
Al capitolo soldi, la copertura finanziaria già iscritta nella legge di riforma all'art. 1, comma 3, è esplicitata dal Piano programmatico di interventi finanziari per la scuola che prevede, per il periodo 2004/2008, lo stanziamento di 4.037 milioni di euro in aggiunta a 4283 milioni di euro già iscritti in bilancio per il periodo suddetto.
Tutti questi milioni garantiscono, come prescrivono le norme, l'inglese e l'informatica, la possibilità per tutti gli aventi diritto all'anticipo nella scuola dell'infanzia e in prima elementare, la corretta attuazione del doppio-canale di istruzione e formazione, in pieno accordo con le Regioni, come la firma dei protocolli d'intesa dimostra, e, ancora, garantiscono tutti gli insegnanti, di sostegno e non, che servono per una adeguata attuazione dell'offerta formativa della scuola, in base al portafolio personalizzato di ciascun alunno e alle richieste delle famiglie.
A proposito degli insegnanti di sostegno, inoltre, non solo vengono garantiti come prima, ma anche di più, visto che negli ultimi 3 anni sono aumentati di ben 4.500 unità. Se tutto ciò non è sufficiente per fugare la favola del taglio drastico e indiscriminato ai posti per l'insegnamento, malgrado la reale diminuzione degli alunni nelle scuole di ogni ordine e grado dovuta al sensibile calo delle nascite negli ultimi decenni, le statistiche del Miur ci offrono dati interessanti in proposito. Scuola dell'infanzia: più 700 unità rispetto all'a.s. 2001/2002 e ulteriore incremento grazie agli anticipi.
Scuola primaria: più 1500 posti nell'a.s. 2003/2004 grazie, ancora, agli anticipi; più 1500 posti per l'insegnamento dell'inglese, più altri ulteriori 500 unità. Nell'anno scolastico 2001/2002 sono state effettuate ben 63.000 immissioni in ruolo e altre 15.000 sono previste per il prossimo anno.
E allora perché tutto questo stracciarsi di vesti? Perché tanto accanimento, anche e soprattutto mediatico, in barba a qualunque spiegazione, chiarimento e rassicurazione venute da più parti in questi ultimi mesi? A chi giova un livello di scontro così aspro, per cui famiglie e studenti e insegnanti si sentono oggi continuamente minacciati nei propri diretti e aspettative fondamentali?
Fiumi d'inchiostro, libri, libricini, lettere del Ministro, di tutto e di più: niente! L'approccio ideologico, e tutto l'apparato ad esso connesso, sembrano resistere a qualunque evidenza in difesa, tra l'altro, di una scuola ridotta ai minimi termini, che nulla ha di tutte quelle caratteristiche che si gridano come fondamentali in un sistema educativo moderno: non è di qualità, non garantisce pari opportunità, non garantisce un livello accettabile e utile di conoscenze in previsione del lavoro, non forma e non educa.
Quell'approccio ideologico che ha fatto della scuola italiana terra di nessuno, dove sviluppare rendite politiche e di posizione sulla pelle di intere generazioni e che l'ha trasformata, oggi, in terreno di scontro politico, cinicamente utilizzato per scopi che nulla hanno a che vedere con la sua funzione. Un accanimento che, scegliendo la riforma Moratti come luogo dello scontro sociale, scavalca e pretende di negare la realtà di una riforma che consegna un di più di libertà per tutti: libertà di scelta per le famiglie, libertà di insegnamento, libertà di educazione in un quadro di maggiore flessibilità e completa autonomia per le scuole.
On. Mario Mauro
Responsabile Nazionale Dipartimento Scuola & Università Forza Italia