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Scuola: le false obiezioni sulla riforma del primo ciclo e sul tempo pieno

Il tempo pieno è morto

È falso. L'articolo 15 del Decreto Legislativo 23 gennaio 2004, a proposito di attività di tempo pieno e di tempo prolungato, afferma che: «...è confermato, in via di prima applicazione, per l'anno scolastico 2004/2005, il numero dei posti attivati complessivamente a livello nazionale per l'anno scolastico 2003/2004 per le attività di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle norme previgenti. Per gli anni successivi, ulteriori incrementi di posti, per le stesse finalità, possono essere attivati nell'ambito della consistenza dell'organico complessivo del personale docente...». Com'è evidente, non solo il tempo pieno non è stato cancellato, ma, dopo l'a.s. 2004/2005, l'organico per questo tipo di attività potrà essere ulteriormente incrementato

Al suo posto ci sarà uno «spezzatino didattico» ...neanche la più pallida somiglianza con il modello dei "tempi distesi" del tempo pieno.

L'organizzazione della didattica è affidata dal DPR n. 275/99 all'autonomia delle scuole attraverso il Piano dell'Offerta Formativa (POF), che deve essere redatto dal Collegio dei Docenti anche tenendo conto della richiesta delle famiglie. Rimanendo l'attribuzione dell'organico di tempo pieno precedentemente stabilito (anche sulla base delle richieste delle famiglie), la scuola ha tutti i mezzi per mantenere l'offerta formativa sul modello dei "tempi distesi" richiamati. Analogamente, starà alla libertà e responsabilità organizzativa delle scuole evitare un eccessivo spezzettamento degli insegnamenti.

La flessibilità è morta con il tempo pieno

Da un punto di vista puramente logico, l'affermazione cade in quanto viene a mancare la validità della causa che la determina. Ad ogni buon conto, vale quanto segue: la flessibilità è condizione strutturale del nuovo assetto dell'organizzazione didattica, con particolare riferimento all'articolazione del tempo scuola in componenti obbligatorie e facoltative/opzionali. Spetta alle scuole, in piena autonomia, garantire adeguatamente tale flessibilità, sia attraverso l'offerta aggiuntiva di «attività ed insegnamenti, coerenti con il profilo educativo» [art, 7, comma 2], sia garantendo «una equilibrata ripartizione dell'orario quotidiano tra le attività obbligatorie e quelle opzionali facoltative» [art. 7, comma 9].

Non sarà possibile seguire i bambini in difficoltà e la stessa idea un po' delirante del «programma personalizzato» si presenta priva di ogni garanzia.

La conferma dell'organico del tempo pieno, disposta all'art. 15 del decreto, garantisce allo stesso modo che in passato le quattro ore di compresenza e, quindi, la possibilità di interventi individualizzati per i bambini in difficoltà. In più, la norma prevede che la personalizzazione dei piani di studio sia assicurata per tutti gli allievi e sia affidata «ai docenti responsabili delle attività educative e didattiche» [art. 7, comma 5], con evidente richiamo alla responsabilità degli insegnanti della classe in ordine all'attività collegiale di programmazione didattica ed organizzativa.

La collegialità fra insegnanti non esiste più.

La collegialità dei docenti non è stata assolutamente messa in discussione; resta regolamentata da altre norme, in particolare da quelle relative agli obblighi di servizio; tra questi c'è l'obbligo delle due ore settimanali di programmazione didattica collegiale. Il decreto ribadisce, inoltre, il principio della «contitolarità didattica dei docenti» (fatta salva al comma 5 dell'art. 7) ed affida al tutor esclusivamente compiti di coordinamento delle attività, di documentazione personalizzata dell'allievo (port-folio) e di collegamento con le famiglie, «con l'apporto degli altri docenti» [art. 7, comma 5 ultimo periodo].

I bambini con disagio sociali o lievi handicap non avranno insegnanti di sostegno.

Assolutamente falso! Il sostegno agli allievi in situazione di handicap è assicurato da insegnanti di sostegno, che affiancano i docenti della classe secondo modalità e tempi definiti in base alla gravità dell'handicap certificata. La richiesta dell'insegnante di sostegno deve essere effettuata, all'Ufficio Scolastico Regionale, dal Capo d'Istituto sulla base di tale certificazione, fornita dall'ASL competente. Le dotazioni a livello nazionale di questi insegnanti, negli ultimi tre anni, sono state incrementate di oltre 4.500 unità.

Le ore di inglese diminuiscono.

L'insegnamento dell'inglese, cui si è aggiunto quello dell'informatica sin dalla prima classe della scuola primaria, è stato disposto già dall'anno scolastico in corso con il Decreto Ministeriale n. 61 del 22 luglio '03; col medesimo decreto sono stati disposti specifici corsi di formazione, con i quali oltre 170mila docenti si sono specializzati nell'utilizzo delle nuove tecnologie (attraverso l'Indire di Firenze, è stato realizzato un progetto di formazione a distanza che è già stato preso ad esempio e modello da altri Paesi europei), mentre per l'inglese è stata assicurata la copertura di circa il 94% delle situazioni. Pertanto, l'insegnamento dell'inglese diminuisce come numero di ore settimanali per ogni singolo anno, ma è stato esteso obbligatoriamente a tutti gli anni della scuola primaria; in precedenza, l'insegnamento dell'inglese non era assicurato in moltissime prime e seconde classi. Come supporto all'azione didattica degli insegnanti, in collaborazione con la RAI, è stato creato un canale tematico: il Divertinglese (analogamente, per l'informatica è stato creato il DivertiPC).

I programmi non vengono neppure accennati nel decreto, né si usa mai il termine «cultura».

Il Decreto Legislativo 23 gennaio '04 relativo al primo ciclo, per esplicita indicazione normativa generale, non può entrare nel merito di ciò che si deve o no insegnare (sarà così anche per il decreto sul secondo ciclo); la legge riserva la definizione di quelli che un tempo erano i programmi ("centralistici" e fortemente dettagliati, di natura eminentemente prescrittiva e vincolanti per i docenti) ad appositi regolamenti (decreti ministeriali) che debbono essere definiti dal Ministero dell'Istruzione attraverso i nuovi "piani di studio" (che ora indicheranno esclusivamente profili ed obiettivi da conseguire, lasciando all'autonomia professionale dei docenti la definizione dei contenuti e delle metodologie dei percorsi). La competenza in proposito è affidata alle apposite «norme regolamentari di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275» [art. 13, comma 3] che definiranno obiettivi generali e specifici, discipline e attività e relativi monte ore annuali. Nel frattempo, «si adotta, in via transitoria, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo individuato nell'allegato B, facendo riferimento al profilo educativo, culturale e professionale individuato nell'allegato D»; questi allegati costituiscono le "Indicazioni nazionali" già utilizzate nella sperimentazione in prima e seconda elementare negli anni scolastici 2002/03 e 2003/04.
Quanto al termine "cultura", non pare tanto importante il fatto che venga nominato o meno (anche se l'aggettivo corrispondente "culturale" è più volte presente nel testo del decreto), quanto piuttosto che se ne rispetti e trasmetta il contenuto reale.

Sullo stesso tema puoi leggere: le false obiezioni alla riforma; le bugie della sinistra hanno le gambe corte.

[Scheda realizzata in collaborazione con il Dipartimento Scuola e Università di Forza Italia]